mercoledì 1 luglio 2009

I "sensi" di Maurice Merleau-Ponty


In "La Fenomenologia della percezione" Merleau-Ponty cerca di dimostrare come il nostro rapporto con il mondo sia in relazione all'orizzonte infinitamente vasto della percezione, antecedente a ogni oggettivazione scientifica. La coscienza, perciò, non osserva in modo indifferente ma, al contrario, è sempre coscienza impegnata, perché dipende sempre dal contatto con il mondo. Anche in questo l'accento è posto sull'insolubile connessione esistente fra coscienza e corpo. L'esperienza del nostro corpo contiene perciò un'ambiguità irrisolvibile, in quanto esso non può essere né pura cosa né pura coscienza. Nei suoi ultimi scritti, pubblicati postumi (II visibile e l'invisibile) Merleau-Ponty si mosse in direzione di una nuova ontologia. L'ambito sussistente fra soggetto e oggetto viene ora cercato nell'essere stesso. Esiste un "corpo del mondo". L'uomo non è esterno al mondo bensì parte del suo corpo su cui si fondano le strutture, il senso, e il "diventare visibile" di ogni cosa. L'essere non si mostra, però, all'uomo nella sua pienezza; esso si sottrae alla trasparenza totale. Tale limite dell'esperienza viene chiarito dal rapporto fra visibile e invisibile. L'invisibile non è un "non ancora visto", ma una segretezza di principio, che è fondata nel vedere stesso. Un oggetto è dato in base a ciò che di esso non viene percepito (un oggetto percepito contemporaneamente da tutte le prospettive sarebbe cosa impossibile): parte di un quadro è anche quanto il pittore ha tralasciato, una frase diviene comprensibile sulla base di quel che è già stato detto e di quel che viene taciuto. Questo essere infinito dietro di noi è l'essere rozzo o selvaggio, sottratto ad ogni intervento ordinatore.