Note sul Rapporto Aureo
La Geometria ha due grandi tesori: uno è il teorema di Pitagora; l’ altro è la Sezione Aurea di un segmento. Il primo lo possiamo paragonare ad un oggetto d’ oro; il secondo lo possiamo definire un prezioso gioiello. (Johannes Kepler)
Il rapporto aureo è Il rapporto fra due segmenti di cui il più grande è medio proporzionale fra il più piccolo e la loro somma. In termini geometrici dato un Un rettangolo esso si definisce aureo quando l'altezza è la sezione aurea della base.In altre parole, supponiamo a, b siano rispettivamente la base e l'altezza del nostro rettangolo. Diremo che questo è aureo se sussiste la proporzione: a : b = b : (a - b)Ovvero, se consideriamo per semplicità a = 1, b dovrà soddisfare la seguente equazione: b² + b - 1 = 0 cioè dovremo avere b = ~ 0.618034 Da tale semplice evidenza scaturiscono notevoli implicazioniRestando sempre sul nostro rettangolo e dividendolo in due parti secondo la lunghezza minore pari a 0,618 otterremo un quadrato e un rettangolo : ebbene il rettangolo generato è simile al rettangolo originario ed è ancora un rettangolo aureo. Potremmo ripetere l’operazione teoricamente all’infinito e le proporzioni dei rettangoli generati restano invariate. Questa proprietà proporzionale è chiaramente emergente soltanto su un rettangolo generato da un rapporto aureo.Immaginiamo di andare avanti "all'infinito" e di unire i punti aurei (seguendo sempre lo stesso verso) con un curva che sia ogni volta tangente al segmento che tocca nel punto aureo. Quella che otterremo è una spirale logaritmica.La spirale logaritmica è una figura ricorrente in natura : alcune conchiglie, le galassie a spirale, la forma degli uragani sono solo alcuni esempi. Essa forse rappresenta una delle forme più eleganti esistenti nell’universo; la curva della spirale logaritmica si avvolge intorno al polo senza mai raggiungerlo. Il centro della spirale è all’infinito. La spirale logaritmica è anche descrivibile mediante la sequenza dei numeri di Fibonacci (Pisa, 1180-1250), la sequenza si compone di una serie di numeri (0,1,1,2,3,5,8,13,21,34,55,89,144,233…), posti in relazione in modo tale che ogni termine successivo è uguale alla somma dei due immediatamente precedenti. La particolarità è che il rapporto tra due termini successivi si avvicina molto rapidamente al numero decimale 0,618 che rappresenta il numero aureoLA STORIAIl rapporto aureo sembra essere conosciuto fin dall’antichità ma, nonostante la quantità notevole di opere pervenuteci conosciamo poco della teoria estetica che si trova alla loro base, a causa della mancanza di una chiara testimonianza grafica o letteraria. Verosimilmente possiamo fare delle misurazioni sul Partendone, sui templi di Paestum, sulle antiche piramidi oppure sul famoso Doriforo di Policleto e scorgervi il rapporto aureo ma, non possiamo essere veramente sicuri che esso fu usato in modo premeditato. La sezione aurea fu studiata dai Pitagorici i quali scoprirono che il lato del decagono regolare inscritto in una circonferenza di raggio r è la sezione aurea del raggio. Nel medioevo la ricerca di rapporti generatori di armonia nelle proporzioni investì anche musica e architettura, si pensava che la traduzione degli accordi e dei rapporti armonici tra note di lunghezze opportunamente proporzionate potesse essere un buon metodo per ottenere l’armonia in architettura. Un esempio di questi studi è offerto dalla descrizione che, nel secolo XIII, Villard de Honnecourt fece della chiesa cistercense: «Questa chiesa è inscritta in un rettangolo 3/2, cioè un triplo quadrato doppio, corrispondente alla quinta... Il coro è una proiezione della quarta 4/3, i transetti materializzano il rapporto dell’ottava 4/2; il transetto nel suo insieme obbedisce alla stessa legge di 8/4; l’incrocio della navata e transetto rappresenta un perfetto quadrato, 4/4, cioè l’unità, principio di ogni armonia... la navata ricorda la terza 5/4. Il coro e la navata congiunti... stanno, rispetto alla navata più il quadrato centrale, nel rapporto del tono di 9/8. Tutti gli intervalli fondamentali della musica si trovano qui». Solo nel rinascimento tali teorie vengono correttamente formulate e applicate. Il vero inizio fu dato dall’opera di Luca Pacioli “La Divina Proportione”, diffusa in tutta Europa e incentrata proprio sulla proporzione come chiave universale per penetrare i segreti della bellezza e della natura; dove al centro è collocato l’uomo, misura di ogni cosa, sospeso tra un quadrato ed un cerchio nell’ “Uomo Vitruviano”, il celebre disegno di Leonardo. E tra tutte le possibili proporzioni, quella aurea sembra essere la vera ispiratrice della bellezza del creato. L’illustratore dell’opera di Luca Pacioli fu proprio Leonardo Da Vinci. La considerazione che il Pacioli aveva per questa costruzione traspare dal suo pensiero: “Commo Idio propriamente non se po diffinire ne per parolle a noi intendere, così questa nostra proportione non se po mai per numero intendibile asegnare, nè per quantità alcuna rationale exprimere, ma sempre fia occulta e secreta e da li mathematici chiamata irrationale”.Fra i contemporanei Le Corbusier ha cercato per tutta la vita di «scoprire la ricetta alchemica dell’architettura, un sistema di comporre così sicuro e obiettivo da risultare quasi inevitabile» (B.Zevi), cominciando dai rapporti di sezione aurea nelle prime opere ai tracciati regolatori fino al Modulor e alle griglie urbanistiche. Nel Modulor, ricavato dalla figura umana divisa secondo la sezione aurea i valori ottenuti determinano un insieme di dimensioni preferenziali, consentendo infinite combinazioni compositive.
Da tempo immemorabile l’uomo ha cercato di ricondurre la bellezza e la perfezione della natura a rapporti armonici, ha cercato di ingabbiare il creato in formule matematiche e dimostrazioni geometriche. Nel "Timeo" Platone sostiene che i tre termini di una proporzione divina - la più grande (la linea intera), quella di mezzo (il segmento più lungo) e la più piccola (il segmento più corto) - sono "tutti di necessità gli stessi, e poiché sono gli stessi, non sono che uno". In una progressione di divine proporzioni, ogni parte è un microcosmo, o modello minuscolo, di tutto l'insieme. Gli antichi Egizi e i Greci generavano le loro opere artistiche guardando e imitando la natura e l’imitazione doveva avere come mezzo un linguaggio di codifica per avvicinarsi il più possibile all’armonia universale. Dall’infinitamente piccolo all’infinitamente grande: tutto sembra regolato da perfezioni matematiche, da precisi calcoli predefiniti, applicati dal piccolo mollusco all’immensa galassia a spirale. Ma è veramente così? Chiaramente non tutto l’universo può essere ricondotto al rapporto aureo quindi esso non è il principio generatore dell’armonia o, quantomeno, non è l’unico. Dobbiamo supporre che Dio abbia “usato” non una ma una serie di “formule” per generare l’universo? Ed ancora Se l’uomo è parte di tale armonia allora anche la sua opera e il suo pensiero, espressi nella forma più alta e poetica, avranno i caratteri di armonia che contraddistinguono il creato sia che l’uomo usa consciamente o inconsciamente tali principi armonici, e, il processo inconscio può generare forme la cui bellezza ed eleganza vanno al di la di una semplice applicazione di formule. Questo processo a volte può essere misurato e razionalizzato ed ecco che usiamo il linguaggio matematico per aiutarci nella comprensione della bellezza . Resta il fatto che molte opere d’arte non sono misurabili geometricamente e la loro interpretazione è soltanto poetica e spirituale.Così come la matematica non definisce completamente la realtà oggettiva ma cerca di descrivere il mondo secondo il proprio linguaggio anche il rapporto aureo è costruito e adattato alle cose e alla natura secondo nostri schemi e adattamenti arbitrari e, a volte, assolutamente non oggettivi. In tal senso non meravigliano alcune forzature nell’adattare il rapporto aureo a cose che in effetti non lo contengono.La matematica resta un linguaggio, uno dei tanti e, sono convinto che da sola non basta per una descrizione soddisfacente del creato ma essa deve essere affiancata da altre forme di linguaggio e descrizione della realtà che l’uomo ha creato : la poesia, la musica, la filosofia, la religione e la globalità della nostra coscienza cultura e conoscenza. Io non credo nel riduzionismo matematico: Il mondo non può essere ridotto a qualche formula per comprenderlo nella sua totalità; anche integrando tutte le espressioni del pensiero umano, forse mai riusciremo a comprendere totalmente ma solo ad avvicinarci asintoticamente alla realtà oggettiva. Mi piace ricordare un pensiero di Leibniz che distingue i diversi livelli di pensiero fra l’uomo e Dio : Quando Dio pensa crea il mondo, in altri termini il pensiero di Dio è lo stesso Universo mentre il nostro pensiero crea immagini dell’universo quindi immagini del creatore ma non il creatore stesso. Possiamo solo affacciarci su questo abisso di conoscenza che sembra non aver fine e provare la dolce e tremenda sensazione della vertigine. Albert Einstein cercava la formula matematica “ultima” la più bella ed elegante, quella che da sola spiegasse l’intero creato: non ci riuscì e, nonostante le apparenze scientifiche, ne siamo ancora molto lontani ammesso che questa formula esista da qualche parte, ammesso anche che Dio la abbia usata e sia ancora rintracciabile dopo miliardi di anni di evoluzione dell’universo. Certe forme del Mondo sono schematizzabili secondo il rapporto aureo , o meglio, certe forme della natura si somigliano nella loro struttura formale ma questo è solo una costante nella loro complessità, altre costanti potrebbero essere scoperte o inventate ( e questo resta il nocciolo della questione) e forse alcune di esse non avrebbero affatto regole matematiche .
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